Bambine scomparse, ragazzi miracolati, regine e avvocatesse ante litteram, matrimoni a pezzi e democrazia sopravvalutata nella nostra selezione delle migliori 5 serie tv (+1) tratte da libri viste in streaming a Febbraio 2023

Ogni mese, le principali piattaforme streaming aggiungono una miriade di serie televisive di nuova acquisizione (o semplicemente nuove) nei loro cataloghi in continuo aggiornamento. Quindi cosa dovreste guardare? Beh, quello che preferite, ovviamente, ma il nome di questo sito è Librangolo, e quello di questa rubrica Libri in TV, per cui qui troverete solo consigli televisivi sulle serie-tv ad ispirazione letteraria.

A tal fine, ecco una selezione di nuovi titoli da noi considerati più meritevoli tra quelli già pubblicati sui servizi di streaming nel mese di Febbraio 2023, con l’aggiunta di una serie-tv da recuperare (o da rivedere), tra quelle andate in onda negli anni precedenti.

Buona lettura e buona visione!

SERIE TV TRATTE DA LIBRI VISTE IN STREAMING

Attenzione! Le trame delle serie che seguono potrebbero contenere alcuni spoiler, anche se niente di particolarmente invasivo.

NOVITÀ FEBBRAIO 2023

LA RAGAZZA DI NEVE

MINISERIE-TV (2023) – 6 EPISODI

Trasmissione originale: Netflix dal 27 gennaio 2023
Trasmissione italiana: Netflix dal 27 gennaio 2023

Ispirazione letteraria: basata su La ragazza di neve (La chica de nieve) di Javier Castillo (2022)

con Milena Smit (Miren Rojo), José Coronado (Eduardo), Aixa Villagrán (Belén Millán), Tristán Ulloa (David Luque), Loreto Mauleón (Ana Nuñez) e Raúl Prieto (Álvaro).

SINOSSI LIBRO: 1998, New York, parata del Giorno del Ringraziamento: Kiera Templeton, tre anni, sparisce. Succede tutto in un attimo: il padre perde la presa calda e leggera della mano di sua figlia e improvvisamente non la vede più, inghiottita dalla folla che si spintona. Inutile chiamarla, chiedere aiuto e disperarsi. Dopo lunghe ricerche, vengono ritrovati solo i suoi vestiti e delle ciocche di capelli.

2003, cinque anni dopo, il giorno del compleanno di Kiera: i suoi genitori ricevono uno strano pacchetto. Dentro c’è una videocassetta che mostra una bambina che sembra proprio essere Kiera, mentre gioca con una casa delle bambole in una stanza dai colori vivaci. Dopo pochissimo lo schermo torna a sgranarsi in un pulviscolo di puntini bianchi e neri, una neve di incertezza, speranza e dolore insieme. 

Leggi di più

Davanti al video c’è anche Miren Triggs, che all’epoca del rapimento era una studentessa di giornalismo e da allora si è dedicata anima e corpo a questo caso. È lei che conduce un’indagine parallela, più profonda e pericolosa, in cui la scomparsa di Kiera si intreccia con la sua storia personale in un enigmatico gioco di specchi che lascia i lettori senza fiato. Un thriller perfetto che ribalta le regole del genere.

LA SERIE TV: Serie rilasciata da Netflix a fine gennaio e a lungo nella top-ten delle serie più viste sulla piattaforma, anche perchè il caso di una bambina scomparsa, o per meglio dire sottratta – vero e proprio incubo per ogni genitore – è da sempre in grado di suscitare partecipazione (e morbosa curiosità) anche in chi non ne è direttamente coinvolto.

Non siamo però dalle parti del true-crime, visto che Javier Castillo, l’autore del romanzo bestseller da un milione e passa di copie da cui la serie è tratta, più che ispirarsi ai più moderni e drammaticamente reali fatti di cronaca, racconta che l’idea è nata dalla paura provata quando, a passaggio con la figlia, bastò che si distrasse un attimo perché questa staccasse la sua manina, per poi scoprire che si era fortunatamente solo diretta verso la madre. Ma la domanda rimase: “‘E se l’avessi persa di vista? Se fosse sparita per sempre?”…

La serie parte proprio da qui, trasformando quel what if… in what after… e cambiando rispetto al romanzo da cui è tratta, contesto geografico, temporale e ovviamente nomi dei protagonisti. La ragazza di neve (nell’originale La Chica de Nieve o The Snow Girl) – titolo che si riferisce all’impermanenza della situazione in cui una bambina volatilizzata assomiglia ai fiocchi di neve che possono solidificarsi oppure scomparire istantaneamente al suolo – non è infatti più ambientata a New York ma bensì in Spagna, facendo spostare anche l’evento scatenante della scomparsa della piccola Amaya Martín di 5 anni, avvenuta durante la Cavalcata dei Re Magi (festa dell’Epifania, in realtà più simile ad una parata dei carri di Carnevale) a Malaga (città natale di Castillo) nel 2010 e non più durante la tradizionale parata del Ringraziamento sulle strade della Grande Mela nel 1998.

Il risultato è lo stesso: dopo i primi attimi di disperazione, al ritrovamento della maschera da conoglietto della bambina dall’impermeabile giallo, la paura che questa sia stata rapita da uno sconosciuto, diventa per i genitori Alvaro e Ana angosciante consapevolezza.

In breve tempo, tutta la Spagna inizia a parlare della bambina scomparsa misteriosamente e il caso, affidato all’ispettrice Belén Millàn, diventa sempre più popolare anche dal punto di vista mediatico. Tra coloro che apprendono del caso proprio dalla TV, c’è anche Miren Rojo (Milena Smit, la Ana di Madres Parallelas di Pedro Almodóvar), giovane stagista alle prime armi del quotidiano Diario Sur di Malaga, la cui indagine personale (con l’aiuto del collega veterano Eduardo), corre parallela a quella della polizia, con una caparbietà che capiamo subito essere motivata da alcune ferite nascoste nel suo passato.

Da qui in poi salto temporale di 6 anni – si passa al 2016 – e quello che sembra un giallo come tanti altri assume le sfumature più contorte del thriller, con tutti gli elementi thriller del caso, per cui mi tocca fermarmi, anche per non farmi sfuggire troppi dettagli come quella volta in cui mi capitò – ma per sbaglio, eh! – di svelare alla mia compagna il finale di Presunto innocente, che tanto figurati l’avrà già visto… Aggiungo solo che i colpi di scena non mancano, la serie è ben strutturata e poi sono solo 6 episodi, quindi accattatevillo. 

DEAR EDWARD

MINISERIE-TV (2023) – 10 EPISODI

Trasmissione originale: Apple TV+ dal 3 febbraio al 24 marzo 2023
Trasmissione italiana: Apple TV+ dal 3 febbraio al 24 marzo 2023
Ispirazione letteraria: basato su Non sprecare il tempo, non sprecare l’amore (Dear Edward) di Ann Napolitano (2020)
con Taylor Schilling, Connie Britton, Colin O’Brien, Robin Tunney, Anna Uzele, Idris DeBrand
SINOSSI LIBRO: È una mattina d’estate quando Edward Adler, dodici anni, suo fratello e i suoi genitori partono dall’aeroporto di Newark per raggiungere Los Angeles, dove li attende una nuova vita. Tra i 187 passeggeri ci sono una giovane promessa di Wall Street, una ragazza che ha appena scoperto di essere incinta, un veterano di ritorno dall’Afghanistan, un anziano tycoon della finanza e una donna che sta scappando da un marito opprimente. Le loro vite, come spesso capita in queste occasioni, iniziano a entrare in contatto. Ma il volo su cui viaggiano non arriverà mai a destinazione e il piccolo Edward sarà l’unico sopravvissuto al disastro. “Caro Edward…” Iniziano così le e-mail e le lettere che persone da tutto il paese inviano all’indirizzo dei suoi zii, dove “il ragazzo miracolato” – come lo definisce la stampa – è andato ad abitare. La sua storia cattura l’interesse di un’intera nazione mentre Edward combatte per stare al mondo senza la sua famiglia. Una parte di lui è rimasta in cielo, con i suoi compagni di viaggio.

LA SERIE TV: Premessa. A me i bambini in TV fanno piuttosto incazzare. Cioè intendiamoci, non ho nientre contro di loro, nè contro i bambini in generale, ma quando tu sceneggiatore mi metti il personaggio (pre)adolescente in una serie non teen, lo fai anche perché ci godi a farmi incazzare. Da Anthony Junior de I Soprano a Carl di The Walking Dead, la lista è lunga: stronzetti/e in erba messi lì solo per mettersi nei casini, per fare sempre il contrario di quel che gli si dice, per poi chiedere scusa e tornare a fare peggio. Ma quanto mi fanno incazzare! L’ho già detto?

Okay, pur se prevenuto, ho comunque voluto dare una chance al piccolo Edward, qui non più personaggio strumentale, ma e vero e proprio motore della vicenda che, per quanto strano possa sembrare, è assurdamente vera o per meglio dire ispirata alla vera storia di Ruben van Assouw, unico sopravvisuto ad un incidente aereo della Afriqiyah Airways diretto a Londra, prima di precipare in Libia nel 2010 uccidendo 103 persone.

A differenza del 12enne Edward nella serie, il bambino olandese aveva solo 9 anni ai tempi dell’incidente. Ma esattamente come Edward, anche lui perse entrambi i genitori ed il fratello più grande per poi venire adottato dalla zia (sorella della madre) una volta tornato a casa. Cosa poi successe al piccolo Ruben, che nel frattempo non è più piccolo, non lo sappiamo, nè è possibile trovare sue notizie in rete o sui social, perchè una volta dimesso dall’ospedale e tornato in Olanda, i suoi zii fecero di tutto per proteggere la sua privacy.

Ma è proprio per rispondere a questa domanda che Ann Napolitano, al tempo comprensibilmente colpita dall’episodio (e dal relativo clamore allora suscitato sui social), decise di scrivere il romanzo (bestseller del New York Times) che dà il titolo alla serie (da noi tradotto con singolare sforzo creativo in Non Sprecare il tempo, non sprecare l’amore…) per assicurarsi che stesse bene, provando a raccontare, in maniera fittizia, la vita di Ruben/Edward dopo la tragedia.

Siamo dunque di fronte ad una storia sul lutto e sull’elaborazione del lutto, in questo caso collettivo, visto che a perdere i propri cari nell’incidente non è solo il ragazzo miracolato com’è chiamato Edward dopo essere diventato un caso (inter)nazionale – ma anche tutta una serie di altri personaggi che, visto che la sfiga non ha mai fine, la compagnia aerea pensa bene di risarcire con 3 mesi gratuiti di terapia di gruppo…

Quelli che servirebbero anche a noi bingewatcher anonimi dopo aver visto i primi 3 episodi di questa serie che, se non fosse targata Apple TV, avrei visto bene anche su una delle nostre tv generaliste che tanto amano i bei drammoni…

Non fraintendetemi, la qualità è indubbia, anche perchè al timone c’è Jason Katims di Friday Night Lights e di tanti altri progetti seriali dalla struttura corale (Parenthood) che spesso hanno nei rapporti familiari, nelle emozioni e nei sentimenti profondi il loro focus principale.

Anche il cast di altissimo livello, da Taylor Schilling (Orange is the New Black) nei panni di Lacey – la zia adottiva di Edward, reduce da molteplici aborti –  a Connie Britton (già vista in Friday Night Lights e più recentemente nella prima stagione di The White Lotus, passando per le serie antologiche di Ryan Murphy), nei panni di DeeDee – la ricca moglie di un imprenditore di cui, pian piano, scopre una specie di vita alternativa losangelina. E malgrado la mia idiosincrasia per i bambini in TV, anche il giovanissimo Colin O’Brien, interprete di Edward (e che ritroveremo presto nei panni di un giovane Willy Wonka in Wonka), riesce a contenere la tristezza e l’incredulità della sua tragedia in una interpretazione toccante e calibrata, aiutato in questo da una scrittura particolarmente attenta nei suoi confronti.

Forse un po’ meno nei confronti del povero spettatore al quale non viene risparmiato niente, visto che tutto in questa serie, dal trailer ricattatorio di cui sopra… al comparto musicale, che accompagna ogni singola scena quasi a non concedergli di mollare la presa emotiva, sembra confezionato per dirgli “prepara i fazzoletti”. Che va anche bene se siete fan di una certa tv del porno-dolore, altrimenti e almeno  per quanto mi riguarda, decisamente too much… E quindi, Caro Edward, tu sarai anche sopravvisuto ad un incidente aereo, ma a me tocca sopravvivere in un complicato mondo seriale che non mi consente di sprecare troppo tempo, nè amore… E poi lo sai che i bambini in TV…

MARIA ANTONIETTA

PRIMA STAGIONE (2022) – 8 EPISODI

Trasmissione originale: Canal+ dal 31 ottobre al 22 novembre 2022
Trasmissione italiana: Sky Serie e NowTV dal 15 febbraio all’8 marzo 2023
Ispirazione letteraria: basata su Il diario proibito di Maria Antonietta (Becoming Marie Antoniette) di Juliet Grey (2011) e su tutte le altre opere storiche dedicate al personaggio
con Emilia Schüle, Louis Cunningham, James Purefoy, Gaia Weiss
SINOSSI LIBRO: Vienna nel XVIII secolo è una delle città più affascinanti e ricche d’Europa. Maria Antonietta, la giovane arciduchessa d’Austria, è cresciuta qui, assieme a fratelli e sorelle, nel lusso più sfrenato e nella magnifica opulenza della corte imperiale. La sua è una vita fatta di balli, ricevimenti, feste; i suoi amici sono nobili e re, i suoi parenti decidono i destini di interi popoli. Ma quella esistenza idilliaca è solo una menzogna, l’immagine di felicità e perfezione che la circonda non è che un vuoto inganno. Sua madre, la terribile imperatrice Maria Teresa, è pronta a sacrificare persino i figli pur di soddisfare la sua sconfinata ambizione. E ben presto, per la giovane principessa, il tempo delle scintillanti serate di gala e dei magnifici banchetti finisce: le logiche del potere la obbligano a sposare un ragazzo goffo e scontroso, il futuro Luigi XVI, e a partire per la Francia. E la strada per diventare regina è lunga e disseminata di pericoli: nessuno è al suo fianco per aiutarla ad affrontare gli intrighi e le gelosie di corte, i nemici interni ed esterni, la rivoluzione.

LA SERIE TV: Periodo d’oro per le serie tv in costume su storiche nobildonne del passato. Che siano imperatrici, principesse o duchesse, dopo il cinema, anche la TV sembra presa da una nuova ondata divinatoria. Così dopo Caterina la Grande e The Great (entrambe su Caterina II di Russia), The Serpent Queen (su Caterina de’ Medici), Becoming Elizabeth (su Elisabetta Tudor) – per non parlare di The Crown (sui più moderni reali d’Inghilterra)  – arriva ora Maria Antonietta, nuovo show anglo-francese che racconta l’ascesa di una delle figure più enigmatiche  e affascinanti della storia europea.

Dopo svariati film televisivi e cinematografici (Wikipedia ne elenca un centinaio), per non parlare dei manga ed anime (Lady Oscar) a lei dedicati – e sempre in attesa di M.A.S.K. – Maria Antonietta Serial Killer (nei prossimi mesi su Paramount+, ad adattarne il personaggio ai giorni nostri in salsa thriller) – a rileggerla in salsa pop era stata Sofia Coppola nel 2006.

La sua Maria Antonietta, interpretata da Kirsten Dunst che si aggirava per i corridoi di Versailles ballando gli Strokes, era querula, ingenua, iconica e bizzarra: una perfetta antesignana di Marylin Monroe, forse la prima vera Diva dell’epoca moderna, anche se siamo a fine ‘700. Decisamente meno “colorata” è l’arciduchessa d’Austria Maria Antonia Giuseppa Giovanna d’Asburgo-Lorena, in arte Maria Antonietta, di  cui questa serie, creata e scritta da Deborah Davis (candidata all’Oscar nel 2019 come co-autrice de La Favorita), racconta, dal 1770 al 1780, i primi 10 anni di notte buia alla corte di Francia (cit.).

E cioè da quando, appena 14enne, per volere/imposizione della madre Maria Teresa d’Austria (Marthe Keller), potente sovrana dell’impero asburgico – assai bisognosa di una tregua-alleanza con l’arcinemico francese, le cui truppe sono ai confini – viene catapultata a Versailles (vedi poster promozionale) per unirsi al delfino di Francia, il futuro Luigi XVI (Louis Cunningham) col pressante compito di dare un nuovo prestigioso rampollo alla gloriosa strirpe dei Borboni (missione, come vedremo, tutt’altro che semplice…). Quello che trova subito davanti a sè è però uno scenario da incubo… Madre, dove mi avete mandata?… dirà dopo la prima notte.

I primi mesi nella nuova prigione dorata sono infatti terribili per la futura ultima regina di Francia dell’ancien régime (interpretata dalla 30enne attrice tedesca Emilia Schüle) a causa della crudeltà – oggi si direbbe bullismo – e dell’imperante misoginia che regna a Versailles,  vero covo di bastardoni e bastardesse. Come Victoire (Caroline Piette) e Adelaide (Crystal Sheperd-Cross), le due figlie di Luigi XV, comari antiquate ossessionate dal galateo, cresciute nell’odio verso l’Austria e che proprio per questo odiano la baldracca austriaca a tal punto da volerla rimandare a casa.

Per non citare poi la mefistofelica ex-prostituta Marie-Jeanne Bécu, che oggi si fa chiamare Contessa du Barry (Gaia Weiss, Vikings), e che vorrebbe levarsela di torno per non sentire più minacciata la sua posizione di favorita del re. E che dire di quest’ultimo, il pervertito Luigi XV (un invecchiatissimo James Purefoy, The Following), che non abita ad Arcore ma si fa chiamare Papà Re e che ama fin troppo le  giovanissime adolescenti come Maria Antonietta? O del suo stesso nipote Luigi Augusto, futuro Luigi XVI, un ragazzotto imbranatissimo e solitario, continuamente sbeffeggiato dal fratello più piccolo Philippe (che non gli perdona di essere nato dopo di lui) e quasi paralizzato di fronte alla futura moglie da evitarla (e non solo per la di lui scarsa igiene)?

Per sopperire alla solitudine, alla noia e a un matrimonio deludente e tormentato, comincia a vivere nelle frivolezze, dedicandosi a costosi diversivi che ne aumentano pettegolezzi e oppositori, che la testarda principessa saprà però affrontare con coraggio e dignità, trasformandosi ben presto nella carismatica icona di modi e di moda che, continuando a citare Madame Christine D’Avena, le gran dame a corte invidiano perché… anche nel duello l’eleganza c’è…

Quando infine diventa regina a soli diciotto anni, è solo da quel momento, che MA comincia a sentirsi a suo agio e ad imporsi a Versailles. E il motivo è semplice: può cominciare a modellare la corte e la reggia secondo i suoi desideri. Questa è una caratteristica fondamentale di Maria Antonietta, donna libera e femminista ante litteram. Non d’accordo con le regole della corte, aspira a rendere più libera e glamour Versailles liberandola dal giogo delle sue tradizioni. A costo di rimetterci la testa…

LA LEGGE DI LIDIA POËT

PRIMA STAGIONE (2023) – 6 EPISODI

Trasmissione originale: Netflix dal 15 febbraio 2023
Trasmissione italiana:
Netflix dal 15 febbraio 2023
Ispirazione letteraria: ispirata a Lidia Poët. Vita e battaglie della prima avvocata italiana, pioniera dell’emancipazione femminile (2022)
con Matilda De Angelis, Dario Aita, Pier Luigi Pasino, Eduardo Scarpetta, Sara Lazzaro.
SINOSSI LIBRO: Una laurea in Giurisprudenza, il praticantato e l’iscrizione all’Albo. Torino, 1883: Lidia Poët si vede negata la possibilità di praticare la professione forense in quanto donna. La sua storia, invece di finire, inizia qui. Per tutta la vita impiega le sue competenze ed energie per sostenere gli ideali in cui crede: partecipa a congressi penitenziari internazionali, interviene a congressi femministi, è presidente del Comitato pro voto donne, si occupa di assistenza ai minori e ai profughi di guerra. Viaggia in tutta Europa e il suo nome risuona nei salotti parigini, è stimata a tal punto che il presidente francese Félix Faure le conferisce l’ambìto titolo d’Officier d’Académie. Questo libro, frutto di una minuziosa ricerca, riporta alla luce la storia di una figura fondamentale per l’emancipazione femminile.

LA SERIE TV: “L’avvocheria è un ufficio esercitabile soltanto da maschi e nel quale non devono immischiarsi le femmine. Anzi, al contrario “sarebbe disdicevole e brutto veder le donne discendere nella forense palestra agitarsi in mezzo allo strepito dei pubblici giudizi, accalorarsi in discussioni che facilmente trasmodano e nelle quali anche, loro malgrado, potrebbero esser tratte oltre ai limiti che al sesso più gentile si conviene osservare” o “se si vedessero talvolta la toga o il tocco dell’avvocato sovrapposti ad abbigliamenti strani e bizzarri che non di rado la moda impone alle donne e ad acconciature non meno bizzarre”.

Immaginiamo l’eco che avrebbero, se dette oggi, in Italia – dove le donne avvocato sono il 48% – queste parole, drammaticamente vere, anche perchè pronunciate non nel Medioevo, ma l’11 novembre del 1883, da un giudice dalla Corte d’Appello di Torino durante una sentenza che ribaltava la decisione del Consiglio dell’Albo degli avvocati, con cui 3 mesi prima, Lidia Poët, veniva ammessa all’esercizio dell’avvocatura, prima donna in Italia (e in Europa), a riuscirci. Anche se per poco.

“Se Dio ti avesse voluta avvocato, non ti avrebbe fatto donna”, infierisce la cognata, moglie del fratello avvocato Enrico (Pier Luigi Pasino) in uno dei pranzi dei Poët, famiglia dell’alta borghesia torinese. E il modo in cui Lidia si trova a dover ribattere, o meglio, a doversi mordere la lingua, limitandosi piuttosto ad alzare gli occhi al cielo o ad unire le mani in segno di preghiera, di fronte a queste ed altre bordate, è assolutamente impagabile.

Il merito è senza dubbio dell’eclettica Matilda De Angelis (vista di recente in Call My Agent Italia, ma anche uno dei volti e nomi italiani più apprezzati all’estero in serie e co-produzioni internazionali come LeonardoThe Undoing e prossimamente Citadel), che ne La legge di Lidia Poët, altra serie italiana Netflix streammabile nel resto del mondo, alterna abilmente una comicità sobria che strizza l’occhio a La fantastica signora Maisel ai momenti di geniale follia offerti dai singoli casi di puntata che stimolano il suo acume legale/investigativo.

Non siamo insomma dalle parti del classico biopic, anzi, tutt’altro. Sì, esiste un libro, come esiste un sito dedicato al personaggio realmente esistito e curato dall’autrice del libro, ma a parte alcuni riferimenti biografici, gli autori procedono per il resto di pura fantasia per un prodotto, che nella migliore tradizione di Netflix, vuole piuttosto essere un ibrido di vari generi, alternando come già detto, dramma storico, commedia (anche rosa) e procedurale.

Proprio quest’ultima, ovvero la trama verticale legata ai singoli casi di puntata, va detto, è quella un po’ meno riuscita. Senz’altro interessante l’idea d’introdurre in anticipo sui tempi quelle che saranno le nuove conquiste scientifiche in ambito legale-investigativo come le impronte digitali o le prime rudimentali macchine della verità, ma se avete presente alcune puntate de La Signora in giallo in cui Jessica Fletcher inchiodava il vero assassino anche perchè quello era così pirla da confessare, anche qui il modo in cui si arriva alla risoluzione dei casi appare spesso un po’ stiracchiato, nè aiutano i vari attori secondari che qui non sono certo i caratteristi di CSI o NYPD. Un esperimento comunque particolarmente coraggioso, fin là dove non riesce ad essere completamente innovativo.

Spoiler alert: al di là della dimensione grottesca della vicenda, solo grazie al movimento delle donne nel 1919 il Parlamento approvava la legge che ammetteva le donne nei pubblici uffici; e la vera Lidia Poët non si arrese ma continuò ad esercitare presso lo studio legale del fratello battendosi contemporaneamente per i diritti dei più deboli, dei minori e delle donne. Diventerà formalmente avvocato solo a 65 anni.

FLEISHMAN A PEZZI

MINISERIE-TV (2022) – 8 EPISODI

Trasmissione originale: FX (TV) e Hulu (streaming) dal 17 novembre al 27 dicembre 2022
Trasmissione italiana: Disney+ dal 22 febbraio 2023

Ispirazione letteraria: basata su Fleishman a pezzi (Fleishman is in trouble) di Taffy Brodesser-Akner (2019)

con: Jesse Eisenberg, Claire Danes, Lizzy Caplan, Adam Brody, Christian Slater
SINOSSI LIBRO: La fine di un matrimonio non è quasi mai una faccenda semplice. Eppure Toby Fleishman pensava di essersela cavata. Il lavoro non fa che regalargli soddisfazioni e le app di incontri gli hanno aperto un mondo. Medico di successo, ancora in forma e di nuovo single, viene conteso a colpi di selfie: sul cellulare ha una rassegna di gambe, décolleté, biancheria intima. Tutto perfetto, insomma, non fosse che di punto in bianco l’ex moglie decide di sparire mollandogli i ragazzini. Due figli da gestire, pazienti e capi pieni di pretese e una turbolenta vita sentimentale: davvero troppo per non ritrovarsi sull’orlo di una crisi di nervi. 

Dissacrante, divertente, malizioso, erotico, profondo, Fleishman a pezzi è stato definito «Il lamento di Portnoy al tempo di Tinder». Best seller del «New York Times», finalista al National Book Award e uno dei libri dell’anno per «The New York Times Book Review», «The Washington Post», «Vanity Fair» e «The Guardian».

LA SERIE TV: Quando un uomo abbandona la sua famiglia, non è una novità, perché succede spesso. Ma se una donna fa la stessa cosa, allora sì che fa più notizia (vedi alla voce L’amore Bugiardo – Gone Girl). Questa, in breve, la premessa di Fleishman a pezzi, titolo che sin dal font (Windsor Light Condensed) rimanda a Woody Allen (Harry a pezzi), ma che soprattutto mantiene quello italiano del celebre romanzo del 2019 di Taffy Brodesser-Akner, il cui titolo originale, Fleishman is in Trouble, era a sua volta un chiaro omaggio a tanti personaggi letterari di Philip Roth (Lamento di Portnoy).

E personaggio un po’ alla Roth o alla Woody Allen, fate voi, è sicuramente questo Toby Fleishman (Jesse Eisenberg, The Social Network ma anche 2 film con lo stesso Allen) brillante epatologo (medico del fegato) 40enne neo-divorziato di origini ebree dell’Upper East Side che, proprio all’inizio della sua prima estate da single (siamo nel 2016) si sveglia nel suo triste appartamento da scapolo per scoprire che la sua ex-moglie Rachel ha lasciato i loro due figli lì nel cuore della notte.

Sin da subito, Rachel (Claire Danes, altra candidatura ai Golden Globe per questo ruolo), viene quindi rappresentata come il mostro della coppia: agente teatrale potente e temibile, la donna non è mai stata in effetti il tipo premuroso e materno e, anche se lo fosse, gestire un’agenzia la tiene troppo occupata per passare molto tempo con la capricciosa Hannah (Meara Mahoney Gross) di 11 anni (altra bambina in TV che te la raccomando…) e il più sensibile Solly di nove anni (Maxim Swinton). Il che rende Toby, padre affettuoso e guaritore dell’umanità una specie di eroe. Beh, non così in fretta…

Il punto centrale di Fleishman a pezzi, peraltro suggerito dalle tante inquadrature inclinate con una rappresentazione capovolta dei grattacieli di Manhattan, è che c’è più di un punto di vista in questa storia tutt’altro che semplice, tanto che ad un certo punto potremmo chiederci se il Fleishman a pezzi del titolo, sia Toby, Rachel o entrambi… Questo funziona magnificamente anche per il modo in cui l’autrice Brodesser-Akner diluisce lentamente le informazioni allo spettatore.

Quando la storia va avanti capiamo infatti che quello che infastidisce più Toby non è tanto l’essere stato piantato dalla ex-moglie, ma l’essere stato ricacciato a forza nel passato, visto che la sparizione di Rachel e il doversi prendersi cura dei figli da solo (dopo l’incauto licenziamento della storica tata), diventano d’improvviso un intralcio alla sua vita lavorativa (sta aspettando una promozione) e sociale (dopo 15 anni di alti e bassi nel suo matrimonio, si trova felicemente risucchiato nel magico e sordido mondo delle app di appuntamenti).

Mentre si trova a dover bilanciare vita presente con nuova vita appena assaporata e vecchia vita che ritorna (in una scena resa magnificamente anche dal punto di vista registico, Toby fa riferimento alla teoria dell’eternalismo o dell’universo a blocchi, per spiegare al figlio di 9 anni, genietto della fisica, come passato, presente e futuro possano esistere simultaneamente), ben presto Fleishman si rende conto che non sarà mai in grado di andare avanti (futuro) se prima di capire cosa sia successo a Rachel (nel presente) non affronterà realmente ciò che è successo al loro matrimonio (nel passato).

Più che mistero su una sparizione o storia di un matrimonio, Fleishman a pezzi vuole dunque essere l’opportunità di uno sguardo introspettivo su noi come individui, su come siamo capaci di un enorme cambiamento pur rimanendo fondamentalmente uguali, sul nostro desiderio per i bei tempi andati e su quello assai più doloroso di volere qualcosa in più per le nostre vite. Presente, passato e futuro, dicevamo, che se non coestinono, continuano certamente a rincorrersi.

Questo appare evidente anche attraverso i vecchi amici di Toby, conosciuti durante una vacanza studio in Israele, con cui (per colpa di Rachel) aveva interrotto i contatti dopo il matrimonio. Libby (Lizzy Caplan, Masters of Sex), è un’ex giornalista di una rivista per uomini che non è mai andata avanti nella sua carriera come avrebbe voluto, e che si è lentamente trasformata in un’annoiata mamma casalinga che desidera ardentemente rivivere i suoi giorni come scrittrice, a cui l’empatizzante Brodesser-Akner (ex-giornalista del New York Times) affida anche il ruolo di voce narrante della storia. Mentre il broker farfallone interpretato da Adam Brody – meglio conosciuto come Seth di The O. C., tanto che anche qui il suo personaggio si chiama Seth – è quasi come un bambino nel corpo di un adulto, sempre pronto a far festa, ma anche lui chiaramente irrisolto.

Attraverso questo trio, vediamo come, anche se le loro vite ed esperienze sono fondamentalmente diverse, tutti riescono ancora a trovare modi per sentirsi intrappolati dalla loro situazione. Da racconto sulla fine di una relazione Fleishman is in Trouble diventa quindi  ben presto azzeccato ritratto generazionale in grado di raccontare la vuotezza dei figli dei boomer che hanno ricevuto il testimone di quello stile di vita estremamente privilegiato – guadagnato anche grazie a dedizione e ambizione – ereditandone però anche gli insiti difetti di vacuità, egocentrismo e ossessione per ostentazione e apparenza, che a loro volta modelleranno, in maniera ancora più esasperata, le vite dei nuovi millennials. Di nuovo passato, presente e futuro. Quasi a volerci ricordare che Fleishman sarà anche a pezzi, ma anche i suoi coetanei (e quindi la sua/nostra generazione) non è che se la cavino poi tanto meglio…

ALTRE SERIE TV TRATTE DA LIBRI USCITE A FEBBRAIO 2023

  • Fiori Sopra L’inferno – I casi di Teresa Battaglia  (dall’11 febbraio su Rai 1)
    Thriller poliziesco adattamento del romanzo omonimo di Ilaria Tuti ambientato a a Travenì, un piccolo paesino delle Dolomiti friulane, che vede protagonista il commissario di Polizia ed eperta profiler Teresa Battaglia (Elena Sofia Ricci), a caccia con la sua squadra di un killer implacabile. Ma le indagini sono rese difficili dalla malattia della donna alle prese con i primi sintomi dell’Alzheimer.
  • Wolf Pack (dal 23 febbraio su Paramount+)
    Basata sulla serie di romanzi di Edo Van Belkom, la serie creata dagli stessi autori di Teen Wolf (con cui ha molti elementi in comune) ha per protagonisti una coppia di ragazzi adolescenti – Everett, interpretato da Armani Jackson (Chad) e Blake, che ha il volto di Bella Shepard (The Wilds) – le cui vite cambiano per sempre quando un piromane appicca un enorme incendio che potrebbe anche aver portato al risveglio di un predatore soprannaturale che terrorizza Los Angeles. A investigare sull caso Sarah Michelle Gellar che qui interpreta l’esperta di incendi dolosi (e di fenomeni soprannaturali) Kristin Ramsey.

DA RECUPERARE

HOUSE OF CARDS – GLI INTRIGHI DEL POTERE

6 STAGIONI (2013-2018)

Trasmissione originale: Netflix dal 1º febbraio 2013 al 2 novembre 2018
Trasmissione italiana: Sky Atlantic dal 9 aprile 2014 al 23 novembre 2018
Ispirazione letteraria: basata su House of Cards (House of Cards, 1989), di Michael Dobbs
con Kevin Spacey, Robin Wright, Micharl Kelly, Jayne Atkinson, Kate Mara, Corey Stoll
SINOSSI LIBRO: “La politica richiede sacrificio. Il sacrificio degli altri, ovviamente. Per quanto un uomo possa ottenere, sacrificandosi per il suo paese, è comunque più conveniente lasciare che siano gli altri a farlo per primi. Il tempismo, come dice sempre mia moglie, è tutto”. Questa è una delle massime di Francis Urquhart, per alcuni semplicemente FU, una specie di patrizio solitario, aristocratico molto vecchio stile, che ha passato l’età della maturità, dopo aver dedicato la propria vita alla politica, all’ombra di Westminster. È arrivato ai vertici del suo partito, pur incarnando un ruolo in apparenza lontano dai riflettori. È il più stretto consigliere del primo ministro e anche il custode dei segreti degli uomini che gli siedono accanto. Segreti molto personali, debolezze, fragilità, vizi: parole che nella carriera di un uomo politico rappresentano pericoli mortali, perché incompatibili con il ruolo di potere che riveste. 
Leggi di più
Ed è questo materiale che Francis decide di sfruttare per raggiungere la sua vetta personale. Da dietro le quinte di una fase politica difficile e incerta, questo regista impeccabile riesce a muovere tutti, pedine di un gioco spietato, dove il ricatto diventa un raffinato intreccio narrativo. Di quale materia siano fatti potere e ambizione, quali siano i legami tra l’informazione e i destini politici di un paese, lo scoprirà Mattie Storin, tagliente cronista politica, decisa a stanare la verità su una crisi di governo in cui nulla sembra accadere per caso.

LA SERIE TV: Esattamente 10 anni fa, il 1° febbraio 2013, debuttava House of Cards, la prima serie originale prodotta e distribuita da Netflix USA (che in verità aveva iniziato a distribuire contenuti on demand già 6 anni prima). Uno show, come si dice, spartiacque, visto che, oltre ad inaugurare l’era dello streaming, così come lo conosciamo, avrebbe cambiato per sempre il modo in cui la serialità televisiva (e non solo quella) veniva fruita dallo spettatore.

Prima di allora infatti, chiunque volesse guardare la serie del momento già poche ore dopo la messa in onda originale, non poteva far altro che procurarsi i sottotitoli da attacare al video reperito in rete o in alternativa attendere che la pay-tv di turno (in questo caso Sky, che tuttora mantiene i diritti di trasmissione di HoC per l’Italia, con tanto di frecciatine su Twitter) rilasciasse “appena” 14 mesi dopo (9 aprile 2014), quando era già uscita la seconda stagione, la versione doppiata della prima.

Che poi non si dica che in Italia non amiamo prendercela comoda… Non è un caso che, anche causa ritardo cronico nella fornitura di banda larga, Netflix sarebbe in verità arrivato da noi ancora dopo, il 22 ottobre 2015, ma la modalità binge-watching o maratona (la possibiltà per lo spettatore, se ne aveva tempo e voglia, di vedere tutti gli episodi di una o più stagioni uno dopo l’altro o comunque in pochi giorni, senza dover attendere il nuovo episodio la settimana successiva) era ormai lanciata. E non meraviglia che ad aprire le danze sia stata all’epoca proprio una serie, con i primi due episodi diretti da un certo David Fincher (Seven), in cui i continui colpi di scena, di quelli che ti spingono a cliccare su “guarda subito il prossimo episodio”, di certo non mancano…

Creata dal drammaturgo Beau Willimon (Farragut North, la pièce teatrale da cui è tratto Le Idi di Marzo), House of Cards – Gli Intrighi del Potere – adattamento americano dell’omonima miniserie inglese del 1990, tratta a sua volta da una trilogia di romanzi di Michael Dobbs (che prima di darsi alla fanta-politica, fu davvero a capo dello staff del Partito Conservatore sotto Margaret Thatcher) – è la storia di Francis “Frank” Underwood (Kevin Spacey, allora uno dei primi grandi nomi di Hollywood a cedere alle lusinghe della televisione, vincitore per questo ruolo del Golden Globe 2015 come migliore attore drammatico), capo gruppo dei democratici alla Camera del Congresso degli Stati Uniti, ed ormai prossimo a diventare Segretario di Stato sotto la presidenza di Garrett Walker che però, all’ultimo momento, gli preferisce Catherine Durant.

Frank finge d’ingoiare il rospo, ma in realtà si prepara a far crollare quel castello di carta del titolo su cui poggia quel mondo politico di Washington che lui conosce molto molto bene. Ad aiutarlo nei suoi propositi di vendetta la moglie Claire (Robin Wright, vincitrice ache lei di un Golden Globe), a capo di un’organizzazione no-profit sensibile ai temi ambientali, ma che in realtà sa essere spietata almeno quanto lui; il fidato capo di gabinetto Doug Stamper (Michael Kelly) e, loro magrado, una serie di altri personaggi che il machiavellico Underwood manovrerà alla sua maniera, come la giovane ed arrivista reporter politica del Washington Herald Zoe Barnes (Kate Mara), con la quale Frank intreccerà una relazione e a cui assicurerà degli scoop per demolire i suoi avversari, o l’altro Deputato democratico Peter Russo (Corey Stoll), in debito con lui per averlo aiutato ad uscire dal tunnel della dipendenza.

Da qui in poi, nel corso delle varie stagioni, intrighi, tradimenti, manipolazioni, spregiudicate azioni di lobbying e persino crimini e assassini, senza dimenticare importanti recasting (tra i volti noti che si alterneranno anche Gerald McRaney, Sandrine Holt, Molly Parker, Kim Dickens, Greg Kinnear, Diane Lane, Neve Campbell) terranno gli spettatori incollati allo schermo.

Un avvincente racconto di potere e sulla scalata al potere che sarebbe anche continuato fino alla sua naturale conclusione se, come tutti sapranno, Kevin Spacey non fosse finito al centro di accuse per moleste sessuali, obbligando Netflix a “cancellare” il suo personaggio dall’ultima stagione, più corta delle precedenti, e se vogliamo anche più debole a livello di scrittura.

Non è un caso che pur nella sua assenza fisica, il nome di Frank Underwood (le cui iniziali possono ironicamente essere lette anche come Fu#k ‘U), aleggi come un fantasma per tutto il tempo, a dimostrazione di come la serie fosse ormai diventata in tutto e per tutto il suo protagonista e il rapporto simbiotico e quasi di complicità che questo aveva saputo creare con quello spettatore al quale continuava a rivolgersi guardando in camera.

Espediente narrativo quest’ultimo, quello di FU che rompe la quarta parete per guidare/ammiccare/istruire lo spettatore, che non ha certo inventato House of Cards, ma che da questa serie in poi un po’ tutti avrebbero provato a imitare/scimmiottare, seppur con risultati assai diversi da quelli regalati dallo show che, 10 anni fa, faceva la storia della (post)televisione.

Si chiude qui, anche per questo mese, il nostro angolo sulle novità televisive tratte da libri presenti in palinsesto, che naturalmente speriamo possano tornare utili (fatecelo sapere nei commenti) nella scelta delle serie-tv che vi accompegneranno in questo periodo.

Come sempre, se potete, condividete a manetta sui social e nuovo appuntamento al prossimo mese, quando Libri in TV tornerà per raccontarvi il meglio (o il peggio) passato in streaming e/o in TV. Se vorrete, sempre su questi schermi.

Lascia un commento
5 Commenti
  1. Manu Luna

    Bentrovato Bingewatcher! Questo mese la mia scelta cade sulla serie “La legge di Lidia Poet”, che ho trovato appassionante, con una bella regia, un’originale idea di base e un’ambientazione meravigliosa. Unica pecca, non sempre i dialoghi sono udibilmente chiarissimi! Brava e azzeccatissima la De Angelis, che ho apprezzato moltissimo anche in “The Undoing”.

    Grazie per i consigli, le recensioni sempre articolatissime e spesso condite da punti di vista che mi fanno molto divertire!

    Rispondi
    • Peppe

      Articolo come sempre molto esaustivo che fa un quadro abbastanza dettagliato di ciò che si andrebbe a vedere qualora si decidesse di farlo.
      “Il diario proibito di Maria Antonietta” è un titolo che mi intriga, la regnante che rivoluzionò la storia francese in un’ennesima rivisitazione dopo essere stata già ispirazione di film e cartoni animati.
      La mia attenzione ricade tuttavia principalmente su “La legge di Lidia Poet” soprattutto per vedere l’interpretazione di Matilde De Angelis che in questi ultimi anni ha fatto una crescita vertiginosa, facendosi apprezzare anche all’estero, tra cui l’America, che rappresenta il mercato cinematografico più importante al mondo. Anche se non biografico, curiosità per le evoluzioni culturali e del tempo e a come la De Angelis le rappresenterà.
      Grazie per le proposte, alla prossima!

      Rispondi
  2. Emanuele

    Articoli ben dettagliati, lo seguirò prossimamente per prendere spunti su cosa guardare. Alla prossima 🤞

    Rispondi
  3. Peppe

    Un bel elenco di serie TV molto interessanti… ma credo che rivedrò con piacere House of Cards!

    Rispondi
  4. Antonella Valentini

    Di solito, non è mia abitudine seguire serie televisive, quindi di questo prezioso articolo così ben strutturato prenderò spunto per recuperare qualche libro che mi è sfuggito!
    Grazie come sempre.

    Rispondi
Invia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito utilizza Gravatar per i suoi commenti. Se vuoi che il tuo commento sia associato ad un avatar o immagine a tua scelta, commetti la tua mail ad un profilo Gravatar. Altrimenti commenta normalmente ed in quel caso verrà usato un avatar standard scelto da Gravatar.