Recensione de “Gli Iperborei” di Pietro Castellitto

Sono ricchi, sono annoiati, sono nostalgici e anche un po’ sognatori. Sono gli “Iperborei”, i figli della Roma “bene”… raccontati da Pietro Castellitto, con un occhio rivolto a Breat Easton Ellis, Paolo Sorrentino e naturalmente Nietzsche. 

Gli iperborei - Copertina

GLI IPERBOREI

  • Autore: Pietro Castellitto
  • Editore: Bompiani
  • Collana: Narratori italiani
  • Data di uscita: 20 Ottobre 2021
  • Pagine: 240, brossura
  • Prezzo: 19 €
  • Genere: Narrativa italiana
  • EAN: 9788830109469
Solo qui voglio incontrarti, dove il corpo fatica e l’imbarazzo ci tormenta. Qui! Dove si muore.
E dove si ama. E dove si ama proprio perché si muore.

TRAMA:

Sono stati il leone, la balena, il cerbiatto, protagonisti di una recita di fine anno nella quale il canguro era scomparso e i suoi amici dovevano ritrovarlo. Adesso hanno quasi trent’anni e vagano nei meandri di una vita dorata: mangiano pesce crudo e patanegra, bevono vini pregiati, fumano essenze, assumono droghe come da bambini consumavano caramelle, navigano, festeggiano, inseguono le arti, tentano la politica. Hanno corpi scolpiti e vestiti costosi, sono figli di primari e giornalisti celebri, di miliardari dai patrimoni solidi e antichi o recenti e sospetti, ma sono anche gli eredi dei ribelli che hanno caratterizzato stagioni gloriose e disperate della storia: coloro che, prosperando nella pace, hanno invocato la guerra, che amando i genitori ne hanno patito le ipocrisie, smascherato le contraddizioni e sognato l’annientamento.

Poldo Biancheri, “Ciccio” Tapia, Guenda Pech, Stella Marraffa, Aldo: hanno tutto ma si sentono in trappola, e questa è la loro estate, quella in cui vogliono uscire dal cerchio. È Poldo la voce narrante della loro ebbrezza, della loro sfida: racconta come se vedesse tutto già da una distanza, registrando ogni cosa con fermezza ma senza nascondere la nostalgia per un’infanzia ancora vicina, la rabbia verso padri che si sono presi tutto non lasciando che briciole, la tenerezza per i fratelli e i coetanei capaci di farsi del male per protesta o per amore. Poldo ha portato in barca con sé L’Anticristo, in cui Nietzsche sembra parlare di loro.

Recensione

Guardiamoci in faccia: siamo iperborei. Siamo ben consapevoli della diversità della nostra esistenza. “Né per terra né per mare troverai la strada che conduce agli iperborei”: già Pindaro riconosceva questo di noi. Oltre il nord, oltre il ghiaccio e la morte: la nostra vita, la nostra felicità… Abbiamo scoperto la felicità, conosciamo la via, abbiamo trovato l’uscita per interi millenni di labirinto. Chi altri l’ha trovata? Forse l’uomo moderno? “Non so che fare; sono tutto ciò che non sa che fare”, sospira l’uomo moderno… È di questa modernità che c’eravamo ammalati, della putrida quiete, del vile compromesso, di tutta la virtuosa sporcizia del moderno sì e no. 
L’Anticristo di Friedrich Nietzsche

Chi non sarebbe capace di vedere nel cielo, nel mare e in certi tramonti, la bellezza e farne poesia? Cos’è quest’ultima, se non la capacità di far coincidere l’unicità di ciò che proviamo rapportata a ciò che in noi la scaturisce? Molto più difficile, trovarla quando ciò che ci circonda e soprattutto chi, fa da antistimolo e copre l’armonia pregna di certi luoghi che abitiamo, della natura che ci guarda mentre noi siamo impegnati a fare altro o rende un ricordo, il calore di chi dovrebbe amarci.

Poldo Banchieri, il protagonista di questo originale esordio narrativo di Pietro Castellitto, riesce molto bene ad arginarla questa difficoltà, cimentandosi lui stesso, nella stesura di un libro che chissà, forse diventerà anche un film, e in cui la sua visione del mondo, lo arma di lucide, talvolta amare, ma indimenticabili stoccate descrittive sulla vita, e che calcola il passare delle attese pensando al rintocco di gocce che fa una flebo – avete mai conosciuto qualcuno che lo fa? –

Scaglio i bicchierini di amaro dentro la Redbull ghiacciata. Passa un quarto di secondo prima che i liquidi reagiscano. Guardo quello stallo tra due sostanze incompatibili e penso che quello stallo siamo noi. Esuberanti, rigogliosi, disordinati. Siamo in verità l’equilibrio, il freno e il grande muro. Così, quando saremo sconfitti, perché saremo sconfitti, pace e ordine dilagheranno ovunque violentando ogni cosa. Siamo ciò che d’imprevedibile resta all’uomo. Mal torniti da contropunte spanate, carne e capelli: siamo l’unica speranza in comune che dio e diavolo abbiano mai avuto.

Poldo vive le sue giornate come anestetizzato da una realtà che si svolge in una Roma moderna ma per sua stessa identità, anche antica, in cui non mancano i luccichii di una vita che, come suggerisce il titolo, rimandando ad uno stato di isola dei beati, potrebbe essere vissuta al massimo, ma presenta invece, orizzonti già scoloriti.

Nulla può spiegare una vita quanto una vita buttata.

I cognomi storpiati dati al suo storico gruppo di amici, si sposano bene con le deformazioni che attraverso alcuni spaccati di vita che è sviscerata sin dalle loro più acerbe età, li seguono per tutta l’adolescenza e che ce li consegna a 30 anni come nuvole agitate dai venti delle loro inquietudini, in attesa di un cambiamento che non hanno ancora capito di volere, perché non tutti miriamo alla salvezza da ciò che ci rende in bilico.

Tutti, forse tranne uno. L’unico che, come dice una canzone, non è stanco di urlare sogni al cielo, sperando che ricadano.

L’unica cosa che volevo era che tutti i miei ricordi esplodessero in cielo e che il mondo intero li guardasse. Soltanto questo mi avrebbe salvato. Ma questo era impossibile. L’arte pretende il dolore, e il dolore esiste perché esiste il silenzio.

NOTE SULL’AUTORE PIETRO CASTELLITTO

Manuel Vilas

Pietro Castellitto è nato a Roma nel 1991. Figlio dell’attore-regista Sergio Castellitto e della scrittrice Margaret Mazzantini, esordisce anche lui come attore a tredici anni, si laurea in Filosofia e nel 2020 approda nelle sale con il primo film da lui stesso interpretato, scritto e diretto: I predatori, con cui ha vinto il premio Orizzonti per la miglior sceneggiatura alla 77° Mostra del cinema di Venezia, il David di Donatello e il Nastro d’argento 2021 come miglior regista esordiente. Gli iperborei è il suo primo romanzo.