TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME di Diego De Silva
Messo da parte, solo per ora, il personaggio più famoso dei suoi romanzi, l’avvocato Malinconico, protagonista di una serie tv di successo, Diego De Silva, con “Titoli di coda di una vita insieme” (titolo presente tra i nostri 10 consigli dei libri in uscita a settembre 2024) ci consegna un romanzo dai temi universali : “è il libro che dovevo scrivere a 60 anni”. E infatti c’è un po’ della sua vita e del suo passato: due storie d’amore finite (un matrimonio e una lunga convivenza), la malattia (ha rivelato di avere avuto due volte un tumore), l’esperienza di avvocato, “per quanto tu possa cercare di rubacchiare dalla vita che scappa qui e là tra le pagine, comunque devi togliere te stesso. Perchè raggiungi veramente un lettore quando quello che dici piò riguardare anche la sua biografia”.
SCHEDA LIBRO
TITOLI DI CODA DI UNA VITA INSIEME
- Autore: Diego De Silva
- Editore: Einaudi
- Data di uscita: 10 settembre 2024
- Pagine: 248 p.
- Prezzo: 19 €
- Genere: Narrativa
- EAN: 9788806255756
TRAMA
Fosco e Alice si sono amati tanto. E tra poco, senza sapere bene perché, si diranno addio. Per questo, nel vortice di parole più o meno giuste o più o meno sbagliate, abbracci notturni, porte sbattute, avvocati nuovi di zecca e antiche recriminazioni, decidono di raccontare la loro storia a modo loro. Con ostinazione, dolore e persino ironia: tutto quello che nei documenti legali non potrà mai trovare spazio. Diego De Silva lascia riposare il suo personaggio più amato, l’«avvocato d’insuccesso» Vincenzo Malinconico, per consegnarci un grande romanzo sulla fine dell’amore. «L’amore non è una storia, ma due». Per questo Fosco e Alice hanno affidato ai loro rispettivi avvocati le parole che non sanno dirsi, lasciandosi. Alice aspira a una conclusione drammatica, come se un grande amore si misurasse dalle ferite, dal male che è possibile farsi. Vuole enfasi, conflitto, palcoscenico. Fosco è più morbido, quasi passivo, incline ad accettare qualsiasi condizione. E alla fine, come in tutte le separazioni, le loro posizioni si tradurranno in documenti mortificanti, che nulla dicono perché nulla sanno di una vita insieme. Che riassumono il dolore, e anche la gioia, in parole povere. Per riscrivere con una dignità diversa i titoli di coda della loro storia, decidono allora di ritirarsi in una casa amata, tra i fantasmi dal passato e di ciò che è stato tradito, che siano gli anni felici dell’infanzia, quel tempo bello in cui s’impara il mondo, gli amici di sempre o il loro stesso legame. Trovarsi lì, in quella casa, significa anche cercare un fuoco comune: il loro fuoco. Significa attraversare in due i rimpianti fino a esaurire la sofferenza, estrarre dalle macerie del tempo ciò che rimane vivo e trovare la forza di andare addosso alle cose, persino quando fanno paura. Senza rinunciare all’ironia che lo contraddistingue, come modo di illuminare ciò che conta, Diego De Silva riesce a raccontare con forza, attraverso le voci di Fosco e Alice, le speranze, le delusioni, le felicità sepolte, il complicato groviglio di sentimenti che accompagnano da sempre la fine di un amore.
RECENSIONE
Non importa quanto sia stato studiato, sviscerato e messo sotto al microscopio da poeti, scrittori, artisti di ogni genere: quel sentimento che sta dietro alla parola con “l’A maiuscola” rimane un mistero inspiegabile e imperfetto. Diego de Silva, con questo ultimo romanzo, “Titoli di cosa di una vita insieme”. ha provato a raccontarlo nel modo più normale possibile ma, com’è nel suo stile, anche spietato, non infarcendo di troppi giri di parole, un argomento verso cui solitamente se ne usano anche troppe, sia per idolatrarlo che per riconoscerne i tragici, potenziali effetti in chi vive l’amore quando va bene, ma soprattutto (e molto più spesso) l’amore quando va male.
Forse lasciarsi è solo un prendersi la scena per reagire alla frustrazione del ruolo di comparse a cui la vita ci ha retrocesso. È poi cosí sbagliato fare le comparse?
Con i suoi libri, De Silva sa mettere d’accordo sia critici che pubblico ed il merito sta nel fatto che sappia raccontare come pochi, il modo esatto in cui vive le cose la maggior parte della gente, che non ha bisogno di scalare vette di emozioni o cadere nelle crisi più nere, ma preferisce un percorso di coppia quotidiano che alterni melanconia e serenità, momenti buoni e meno brillanti.
Perché sono le minuzie che modellano la vita insieme. I piccoli gesti ricorrenti con cui disegniamo le parole nell’aria, i tic (che l’altro ben conosce e tollera oppure ama, se ti ama proprio tanto), le pause che ci prendiamo per ribattere, sono la punteggiatura della convivenza.
E lo fa attraverso le voci di Fosco e Alice – scrittore lui, medico lei – che si rendono conto di essere arrivati al capolinea e cercano il modo e le parole giuste per lasciarsi. Le loro voci si alternano ad ogni capitolo, così che il lettore, non perda mai il filo conduttore dei pensieri e stati d’animo dell’uno e dell’altro. Prima che nel limbo mentale e pratico (molto simpatica e profonda la figura dell’avvocato e amico di lui, Marco) in cui ti getta la consapevolezza della fine, troviamo i due protagonisti descritti in contesti di vita a due ancora salda, credibile, dove testa e cuore di ognuno, sono impegnati a darsi al 100%, anche quando questo vuol dire non risparmiare all’altro gli scuri della loro personalità, più che i chiari, ma rendendolo così partecipe di quanto condividersi in tutto, sia ancora il motore dello stare insieme.
L’amore è discreto nel morire, non si lamenta e non fa scenate, non c’informa quando si ammala. Siamo noi a risponderne, e tutto quello che gli capita è colpa nostra. Ma non siamo all’altezza di questa responsabilità, anche se in buona fede affermiamo di assumercela. Allora, molto semplicemente, non facciamo nulla. Ci affidiamo al silenzio. Gli diamo il compito di sfinirci e di logorare la convivenza finché uno dei due non s’incarica di ufficializzare la fine, e le dà vita, la annuncia, propone tempi e modalità. Da quel momento il tempo si dilata e si fa esperienza della peggiore estraneità: quella fra due persone che non si spiegano come abbiano fatto a vivere per tanti anni con qualcuno con cui non hanno piú niente da dirsi. Di cosa parlavano prima, di cosa era fatta la loro unione e perché ci hanno messo cosí tanto a pronunciare la parola che li ha tirati fuori dalla gabbia al solo suono di cinque sillabe? È impressionante la rapidità con cui le parole taciute a lungo disintegrano (letteralmente: tolgono integrità) assetti e convenzioni considerati immodificabili, smentendo il luogo comune che attribuisce all’abitudine il potere di resistere al tempo e all’infelicità: no, l’abitudine non ha altra forza che la nostra omertà, il potere che le conferiamo tacendo; l’abitudine è un segreto di Pulcinella, è il tappeto sotto cui nascondiamo la polvere dei rapporti finiti, basta semplicemente sollevarlo, con intenzione o per inciampo (il piú delle volte è inciampando che si smuovono le cose).
Di pagina in pagina, affronteranno tutte le tappe di una relazione che sfilaccia i suoi nodi e che nel disfarsi genera la perdita di un “noi”, avvenimenti modesti, ma ineluttabili che scorrono davanti ai nostri occhi senza inganni. Vedere piccoli ma solidi mattoni costruiti per resistere alla sfida del tempo, franare piano piano, in silenzio come il movimento delle lancette di un orologio ma impossibili da fermare solo perchè lo vorremmo poi.
La verità è che non c’è senso nella fine di un amore. Come nell’inizio, del resto. All’udienza reggeremo il gioco. Ci fingeremo insensibili, indifferenti allo scempio che la legge farà dell’amore che ci ha fatto incontrare e poi è sparito dalla nostra vita senza un saluto. Non si offenda se parlo male della legge. Ne ho rispetto, mi creda. Ma la legge, e soprattutto la giustizia, non c’entrano niente con l’amore. L’amore non è giusto, e non sopporta le regole. È per questo che ci rende felici.
La cosa bella e affatto scontata di questo libro, è che pur facendoti immedesimare (e di conseguenza rivivere) traumi legati a lutti amorosi, ti lascia con la sacrosanta verità, acquisita da chiunque con un minimo di esperienza, intelligenza e anche saggezza, di dover sempre tener presente che un problema, una sofferenza, non si risolvono, si possono solo superare. Non sono fatti per essere capiti ma per essere vissuti, attraversati come un tunnel in cui si entra per poi uscirne e se ne esce più velocemente e meglio, quanto più si accetta di sentirla, si accolgono le emozioni per quello che sono, le sia lascia vivere dentro in tutta la loro intensità senza però precipitarci dentro.
Forse la speranza non è attesa, e nemmeno fiducia. Forse la speranza è incrociare per strada qualcuno a cui tenevi la mano un tempo e riconoscerlo mentre si allontana e non ti vede, seguirlo con gli occhi mentre rallenta e poi si ferma come avesse sentito qualcosa, un sospetto, una presenza, è un attimo, fa per voltarsi, poi scuote la testa e rinuncia.
Siamo abituati a vedere la fine di un amore solo come la perdita di qualcosa che ancora non abbiamo. Anche la caduta delle foglie autunnali è per noi una morte e ci dimentichiamo che è indispensabile per la nascita delle nuove foglie. Dovremmo imparare ad immaginarci nella ritrovata versione di noi, in una forma di coscienza dell’emozione, invece che farci travolgere dalla rabbia e dalla disperazione, che a lungo termine, sono forze mirate ad indebolire i nostri colori e le nostre energie, perchè è non identificandoci troppo con esse, che c’è spazio per la cosa opposta più bella che c’è dopo una fine, un nuovo inizio.
NOTE SULL’AUTORE DIEGO DE SILVA
Diego De Silva è nato a Napoli nel 1964. Presso Einaudi ha pubblicato Certi bambini (2001, premio selezione Campiello), da cui è stato tratto l’omonimo film diretto dai fratelli Frazzi, La donna di scorta (2001), Voglio guardare (2002, presto nelle sale per la regia di Stefano Incerti), Da un’altra carne (2004), Non avevo capito niente (2007, premio Napoli e finalista al premio Strega), Mia suocera beve (2010), Sono contrario alle emozioni (2011), Mancarsi (2013), Terapia di coppia per amanti (2015), da cui è stato tratto il film diretto da A. M. Federici, Divorziare con stile (2017), Superficie (2018), I valori che contano (avrei preferito non scoprirli) (2020), Le minime di Malinconico (2021) e Sono felice, dove ho sbagliato? (2022). Dai romanzi che hanno per protagonista Vincenzo Malinconico è stata tratta la serie tv prodotta e trasmessa da Rai 1. Alcuni suoi racconti sono apparsi nelle antologie Disertori, Crimini, Crimini italiani, Questo terribile intricato mondo, Scena padre, Giochi criminali e Figuracce.
Ciao Manu, intanto ti ringrazio per il consiglio di lettura. Questo tema non è mai datato ed è sempre un piacere leggerlo. Evito i soliti commenti sulle tue foto critiche, più che altro ho apprezzato tanto gli aforismi riportati tra un’analisi e l’altra. 😘
Riconosco quanto siano fondamentali anche quelli! Grazie Mattia!
Un suggerimento da seguire per le mie letture autunnali. Il tema dellAmore e anche della sua fine mi affascina da sempre. Grazie per la recensione che un poʻ mi guida da quando vi seguo nelle mie scelte.
Grazie a te che mi segui sempre con questa premura e attenzione e per la tua curiosità e fame di storie sempre nuove!
La verità è che quando si scrivono pagine in cui ci si mette dentro il proprio vissuto, queste pagine acquistano una verve, una magia speciale.
Amo da sempre i romanzi che raccontano di storie vere.
Emozioni, gioie, dolori.
Tutto si veste di vero.
E ti permette di connetterti con la sensibilità dello scrittore in modo autentico.
Grazie per questa ennesima preziosa dritta Manu, sempre stupende le tue recensioni.
Siamo in due ad amarle, Fabio. E’ bellissimo quando delle “semplici” pagine trasferiscono al lettore tutta l’emozione, la bellezza, ma anche la difficoltà del vissuto di ognuno di noi. In questo caso dell’amore e delle sue mille sfaccettature. Te lo consiglio, ti piacerà! Grazie a te per le tue parole sempre luminose.